HENRY DUNANT, LA BATTAGLIA DI SOLFERINO E IL SOUVENIR
Henry Dunant.
La sanguinosa vittoria di Magenta aveva aperto all’armata francese la città di Milano e portato l’entusiasmo degli Italiani al suo più alto parossismo; Pavia, Lodi, Cremona avevano veduto apparire dei liberatori e li accoglievano con trasporto; le linee dell’Adda, dell’Oglio e del Chiese erano state abbandonate dagli Austriaci, i quali, volendo pur infine splendidamente riscattarsi delle loro precedenti disfatte, avevano accumulato sulle sponde del Mincio considerevoli forze, alla testa delle quali mettevasi risolutamente il giovane e valente imperatore d’Austria.
Narratore.
Queste le parole con cui si apre il “Souvenir di Solferino”, l’opera più famosa di Henry Dunant, il fondatore della Croce Rossa.
Jean Henry Dunant nacque nel 1828 a Ginevra. Ricevette una formazione calvinista e venne educato fin dall’infanzia ai principi sociali di aiuto verso il prossimo: il padre Jean-Jacques prestava la sua opera presso un istituto di orfani, mentre la madre Antoinette era solita lavorare con i malati e i poveri e aveva una sua cerchia di famiglie in difficoltà, cui portava aiuto regolarmente con parole di conforto e modesti contributi finanziari. Henry accompagnava Antoinette nelle sue visite e imparava dalla madre l’amore per il prossimo e il dono di sé, valori che lo seguirono per tutta la vita e nelle sue opere umanitarie.
Nel 1853, all’età di 25 anni, iniziò per Dunant un periodo burrascoso, fitto di viaggi di lavoro nel Mediterraneo, che lo portarono in Algeria, Tunisia e Sicilia con la Compagnia ginevrina delle colonie svizzere. Qui tentò di sviluppare il progetto dell’installazione di mulini per la produzione di cereali. Per fare ciò, aveva bisogno di concessioni per la lavorazione di terreni e per la loro irrigazione, che il governo algerino non concedette mai.
Dunant decise quindi di rivolgersi all’imperatore francese Napoleone III, in quei giorni impegnato in Lombardia per combattere contro gli austriaci a fianco del Regno di Sardegna.
Ma sentiamolo direttamente dalla viva voce di Dunant.
Henry Dunant.
Qualche giorno prima della battaglia di Solferino ero a Pontremoli, negli Appennini, dove si trovava lo Stato Maggiore del principe Napoleone che comandava il quinto corpo d’armata francese. Incontrai lì il generale di Beaufort, che conoscevo bene e la cui famiglia mi aveva sempre dimostrato molta benevolenza.
Generale Beaufort.
Monsieur Dunant, so che lei è molto preoccupato per la sorte dei feriti di guerra, ma non si può fare la frittata senza rompere le uova. Attraversate gli Appennini, se volete assistere a una grande battaglia; avanti, non perdete tempo. All’arrivo, cercate il maresciallo Mac-Mahon: le lascio questa lettera indirizzata a lui, se fosse così gentile da recapitargliela. Voi presentatevi senza timore: il maresciallo vi conosce bene, non avrete bisogno di una mia referenza. Stia attento al caldo, in questi giorni è torrido, ho perso un gran numero di soldati per colpa dell’ insolazione.
Henry Dunant.
Per arrivare velocemente a Brescia, passai una notte intera nella diligenza e attraversai molti fiumi con l’acqua che entrava attraverso le portiere della vettura, perché tutti i ponti erano stati tagliati dagli austriaci in ritirata. Quando arrivai a Castiglione delle Stiviere, il sole del 25 giugno 1859 rischiarò uno degli spettacoli più terribili che si possono presentare all’immaginazione.
Il campo di battaglia era disseminato di cadaveri, di uomini e cavalli. Erano sparsi sotto le ruote, nei fossati, nelle forre, nei cespugli, nei prati; soprattutto ai bordi del villaggio di Solferino.
Con gli occhi sbarrati che fissavano i soccorritori, in uno stato di shock nervoso molto grave, i feriti erano agitati da un tremito convulso. Chi percorreva questo enorme teatro dei combattimenti del giorno prima vi incontrava, a ogni passo, disperati che la penna non riesce a descrivere.
Medici e infermieri mancavano: non c’erano braccia in questo momento critico. Bisognava dunque, bene o male, organizzare un servizio volontario, ma era difficile in mezzo a un simile disordine.
È mai possibile che assista a un simile spettacolo?.
Narratore.
Quante volte l’uomo, nella sua storia, si è posto questa domanda?
L’indifferenza e la noncuranza verso la sofferenza altrui è sempre un atto da condannare, e questa colpa permane tutt’ora nella natura dell’uomo. Tuttavia vi è una sostanziale differenza tra l’epoca di Dunant e i giorni nostri. Dunant, infatti, sentirà l’esigenza di scrivere il “Souvenir da Solferino”, certo del fatto che la denuncia pubblica di alcuni gravissimi fatti ignoti, come le stragi e l’insufficiente soccorso in guerra, potessero suscitare nel destinatario un senso di orrore, che lo avrebbe portato a condannare tali atti e ad agire in prima persona affinchè questi non si ripetessero. Oggi invece la guerra entra dentro le nostre case tramite svariati mezzi di comunicazione e informazione; nonostante ciò, scegliamo molto spesso di rimanere consapevolmente e colposamente inermi davanti al dolore e allo strazio dell’umanità a cui apparteniamo.
Tre giorni dopo la battaglia, il 28 giugno, Dunant si fece ricevere dal maresciallo Mac-Mahon a Borghetto.
Mac-Mahon.
Eh, Monsieur Dunant, che venite a fare qui?
Henry Dunant.
La scena di cui sono stato testimone due giorni orsono è disumana. I soccorsi prestati ai feriti non sono sufficienti per un numero così considerevole di vittime della battaglia. Anche molti austriaci si trovano a Castiglione in condizioni critiche. Dobbiamo approfittare il più possibile dei medici, siano essi francesi, italiani o austriaci. I feriti non hanno nazione, non hanno colore, ma sono tutti accomunati dalla sofferenza e dalla paura della morte. Vi prego, maresciallo, parlate all’imperatore Napoleone di questo stato di cose.
Narratore.
Bisogna rendere omaggio all’umanità del maresciallo Mac-Mahon, che non dimenticò la sua promessa.
Tre giorni più tardi, l’imperatore dei francesi, Napoleone III, prese la seguente decisione.
Napoleone III.
I medici e i chirurghi dell’armata austriaca fatti prigionieri, che si fossero presi cura dei feriti, saranno messi in libertà senza condizione, dopo loro richiesta. Coloro che avranno prodigato le loro cure durante la battaglia di Solferino nelle ambulanze di Castiglione saranno autorizzati a rientrare per primi in Austria.
Narratore.
Questa decisione, banale se vista con gli occhi dei nostri tempi, fu all’epoca rivoluzionaria. Alla conferenza di Ginevra, che si terrà cinque anni dopo, l’azione caritatevole della Francia si trasformerà nell’articolo 5 della Convenzione.
Henry Dunant.
Cara contessa Gasparin, il vostro appello a favore dei feriti della Crimea durante la guerra d’Oriente mi ha scaldato il cuore anni addietro, pertanto vedo in voi la persona più adatta cui inoltrare questo mio dolore terribile. Sono stato testimone di una battaglia, vicino al villaggio di Solferino, che mi ha aperto gli occhi sull’inumana esperienza della guerra. Morti e feriti sono disseminati ovunque, e l’odore nauseante del sangue si sente per chilometri. È necessario che la popolazione venga a conoscenza delle conseguenze cui vanno incontro i soldati con l’uso di queste nuove armi di distruzione di massa. Schegge d’ogni natura, frammenti d’osso e pezzetti di piombo dell’ equipaggiamento irritano le piaghe del paziente e raddoppiano i suoi mali. Tutto questo nella quasi totale assenza di personale in numero adeguato per affrontare l’emergenza: bene o male, ho potuto chiedere aiuto a qualche donna del paese e prigionieri sani.
Non posso dilungarmi su ciò che ho visto, tuttavia, incoraggiato dalle benedizioni delle centinaia di poveri disgraziati moribondi o feriti ai quali ebbi la bontà di mormorare qualche parola di pace, mi rivolgo a voi per supplicarvi di organizzare una sottoscrizione, o almeno di raccogliere qualche donazione, a Ginevra, per quest’opera cristiana. Ma vi prego di non fare il mio nome, non ho intenzione di vantarmi per ciò che sto compiendo.
Contessa Gasparin.
Prima di tutto, signore, voglio stringervi la mano, siete un coraggioso, un bravo giovane. Dio vi benedirà e vi proteggerà. Appena ricevuta la vostra lettera, ne ho fatto un riassunto e l’ho inviato ai più importanti giornali di Francia e Svizzera. Non c’era altro da fare che ascoltare questo grido di dolore, nient’altro da fare che rispondervi! Affrettatevi a formare un comitato a Brescia, a Castiglione, o in altri posti, in cui chiunque possa inviare donazioni in denaro o in natura.
Narratore.
Questo appello diede i suoi frutti: quattro giovani studiosi di teologia si incaricarono di mettersi in contatto diretto con Dunant per distribuire, sotto la sua direzione, soccorsi materiali ai feriti e ai malati. Erano destinati ad andare avanti più possibile, dove gli ospedali non erano ancora organizzati e dove si aveva bisogno di tutto.
Questi quattro signori, però, non fecero in tempo a incontrarsi con Dunant a Castiglione, quindi compirono, senza di lui, la loro missione caritatevole e distribuirono negli ospedali le donazioni in natura e di speranza inviate dalla gente della piccola comunità formatasi spontaneamente a Ginevra.
Quest’opera, dopo la guerra d’Italia, non sopravvisse.
Henry Dunant.
Le lettere che ho scritto alla contessa Gasparin hanno dato i loro frutti, ma ciascuna di esse ha impiegato oltre sette giorni per arrivare! Un’eternità in circostanze così terribili, in cui la prontezza delle cure assume così tanta importanza! Quante vite si sarebbero potute salvare se questo tempo non fosse stato sprecato? In aggiunta, il comitato è stato anche sciolto al termine della sua funzione: tutto questo lavoro andrà rifatto al prossimo conflitto.
È necessario avere sempre, anche in tempo di pace, soccorsi volontari preparati anzitempo; un’organizzazione permanente in ogni paese, per non essere presi alla sprovvista. I soccorsi ufficiali sono sempre insufficienti.
Narratore.
Questa è la genesi dell’opera internazionale di soccorso ai feriti di guerra, che dieci anni più tardi ebbe il nome di Croce Rossa, adottato poco a poco, negli anni, dai diversi paesi.
Fu necessario manovrare le cose con una gran forza per arrivare all’opera quale Dunant aveva ideato.
Il libro “Souvenir di Solferino” ebbe il compito di soddisfare l’intento tanto desiderato dal suo autore. Questi non smise mai un istante di alimentare serenamente il suo ideale, senza lasciarsi abbattere dall’indifferenza e dallo scetticismo generale.
Egli impiegò circa un anno a scrivere il suo libro e a farlo stampare con grande cura: la pubblicazione apparve, come è noto, nell’estate dell’anno 1862.