E se quelli in difficoltà fossimo noi… aiutiamoci!
(pubblicato sul numero 24 di “Ti scrivo”)
Gli eventi calamitosi che hanno marcato gli ultimi giorni del mese di ottobre non hanno risparmiato i volontari, che tanto si sono spesi per la popolazione. Per questo esiste il progetto Aiutiamoci: perché talvolta anche un volontario ha bisogno di aiuto ed è giusto che possa chiederlo. E dove trovarlo se non nel proprio gruppo?
Domenica 4 ottobre faccio due passi al lago di Piné, sapevo che lunedì una tromba d’aria si era abbattuta in zona e aveva fatto disastri, ma quello che vedo mi lascia basito. A macchia di leopardo si vedono aree dove il forte vento ha distrutto o portato via tutto ciò che ha incontrato: cestini, cartelli, giochi per bambini, capanni, tettoie e soprattutto alberi. Si vedono ampie aree di bosco con piante centenarie ripiegate a terra o spezzate, come se una mano avesse “spianato” quei crinali. E quello che non ha fatto il vento l’ha fatto l’acqua, trasformando i tanti rigagnoli, che dal bosco scendono al lago, in torrenti in piena, che tracimando hanno riversato terra, sassi e legname su prati e strade.
Il passaggio che dal lido costeggia il bosco è impraticabile perché tanti e tali sono gli alberi sradicati che non posso proseguire; quindi torno indietro e mi dirigo verso lo Stadio del ghiaccio, dove almeno la strada è percorribile. A un certo punto riconosco una casa: è il garnì di Monica, una volontaria del nostro gruppo. Non c’ero mai stato, ma è proprio lui, quello trasformato in una fattoria didattica con il maneggio, gli animali da cortile, una piscina, un’area pic-nic, il barbecue, i giochi per bambini, l’orto. Sicuro di me, chiedo a uno dei pensionanti nel cortile dove sia la padrona di casa, che rispondendomi mi accompagna da lei. Compio il giro della casa e trovo Monica intenta a sgranare dei fagioli. «Ciao, come va? Passavo di qui e ho riconosciuto il posto.» Monica non ha il solito sorriso, pare sorpresa, quasi turbata dalla mia allegria. Mi guardo attorno e capisco subito lo scarso entusiasmo: la casa e quello che sta attorno è devastato. Piante sradicate, alberi spezzati, la linea elettrica distrutta, la copertura del camino non c’è più, staccionate a terra, i ricoveri degli animali quasi irriconoscibili, il gazebo gambe all’aria, l’acqua della piscina marrone, l’enorme fienile scoperchiato e le balle di fieno zuppe d’acqua; ovunque i pezzi delle vaschette di fiori. Un campo di battaglia. Riguardo Monica e mi esce solo un “mi dispiace… non credevo”. È successo di nuovo: sono in mezzo a un disastro e non ho pensato che tra gli sfortunati ci potesse essere anche qualcuno di noi. Siamo inconsciamente portati a vederci solo come soccorritori, ma prima di questo siamo persone e come tali possiamo anche essere vittime.
Parlo con Monica e dalle sue parole trapela la disperazione perché è praticamente sola e deve far fronte a danni enormi che hanno colpito duramente i 250 animali presenti. La sua solita sicurezza non c’è, è parecchio triste, ho l’impressione che trattenga le lacrime. Vorrei fare qualcosa per lei; ma cosa?
Mentre parliamo mi viene in mente Alberto, un altro volontario e una sua idea presentata al gruppo mesi fa: uno sportello di mutuo aiuto per i volontari, perché anche noi ogni tanto possiamo essere in difficoltà. Ne è nato il progetto “Aiutiamoci”, finora restato solamente sulla carta. Ne parlo con lei, che non ne sa nulla, però la cosa l’accende: «Ma veramente? Potrei chiedere aiuto al gruppo per rimettere in ordine questo posto?». Io freno, non sapendo come risponderanno gli altri. Monica prosegue: «Sì certo, lo capisco, ma vale la pena tentare, no?». Al che le rispondo: «Chiama Giorgio Pasetto, il nostro referente, spiegagli la situazione e vediamo cosa dice.»
Ci salutiamo, la vedo più serena, speriamo non rimanga delusa.
Il giorno dopo arriva al gruppo una e-mail di Giorgio: è l’appello di Monica. Chi è disponibile lo dica a Roberto, un altro volontario e referente del progetto “Aiutiamoci”, che organizza.
Il mercoledì successivo, all’usuale riunione di gruppo, si fa il punto: le persone disponibili ci sono, mancano solo alcune conferme. Potremmo fare due squadre, una sabato e una domenica. Nei giorni successivi arrivano le adesioni definitive e si programmano i turni. Sabato: Francesco, Ketty, Paola e Salvatore; domenica: Marianna, Nicola e Roberto.
Sono stati due giorni d’intenso lavoro, dalle 9 alle 18 abbiamo rimosso rami, assi, coperture di tetti e rottami di qualsiasi cosa, li abbiamo separati e portati al punto di raccolta. Abbiamo rastrellato, spazzato, raddrizzato alberi, smontato e rimontato, riordinato giardino e maneggio.
Sabato sera Monica era contentissima per l’aiuto avuto quel giorno, e domenica, quando ce ne siamo andanti, non sapeva più come ringraziare. «Senza tutti voi non so proprio come avrei fatto.»
Ma non è finita qui, infatti, Monica in questi giorni non ha potuto preparare i prodotti che vende ai mercatini di Natale. Allora Carla, Laura, Paola e Paolo sono saliti da lei il martedì e l’hanno aiutata a etichettare i barattoli delle confetture che ora sono così pronti alla vendita! (nm)