La Croce rossa in trasferta a San Patrignano
(pubblicato sul numero sedici di “Ti scrivo”)
Racconto di un viaggio (non senza intoppi) per toccare con mano la realtà della droga e il coraggio di chi vuole uscirne.
È un sabato mattina, 17 marzo. Il sole non si è ancora fatto vedere, e nell’area Zuffo di Trento c’è un manipolo di volontari della Croce rossa: stanno per partire per una piacevole giornata, organizzata dall’attività dipendenze dell’area sociale della Croce rossa, presso la comunità di San Patrignano a Rimini, che da 40 anni si occupa del recupero di tutte le persone vittime di dipendenze ed emarginazione.
Ad accoglierli all’arrivo c’è Monica, una ragazza inserita nel percorso di recupero, che per tutta la giornata farà da guida ai volontari. Inizia subito spiegando il programma della visita, con le regole principali che tutti gli ospiti (anche e soprattutto gli esterni) devono rispettare. Altri ragazzi si sono poi affiancati durante tutta la giornata, rendendosi disponibili per raccontare la loro esperienza all’interno della comunità, descrivere le loro giornate e rispondere alle moltissime domande.
La visita è poi passata alle cantine, le decorazioni, il centro medico. In ogni settore c’è un ragazzo in percorso a coinvolgere i volontari con passione, narrando il lavoro svolto, come è gestito e quanti ragazzi lavoravano all’interno del settore.
A mezzogiorno in punto arriva il momento del pranzo, nella grande sala al cui interno ogni giorno mangiano circa duemila persone, tra i ragazzi e gli ospiti.
Il programma del pomeriggio prevede invece la visione di filmati sui ragazzi e un confronto diretto con loro. A fine giornata non può mancare la sosta al negozio “SP.accio” dove si possono acquistare tutti i prodotti provenienti dalla comunità.
San Patrignano è uno di quei posti che non si riesce a capire razionalmente: va visitato, va visto, va vissuto, va respirato. È l’aria di calore, di vicinanza e di accoglienza che si respira al suo interno che fa la differenza. La giornata si è rivelata talmente carica di emozioni che descriverle a parole non soddisfano l’animo, bisogna viverle.
Nel viaggio di ritorno, gli attimi trascorsi nella comunità rivivono nei racconti dei volontari, mentre l’eccitazione del viaggio viene ben presto rimpiazzata da piccoli acciacchi del pullman, che culminano sul ponte di Ravina, quando il mezzo smette di funzionare lasciando a piedi – per fortuna quasi alla meta – i viaggiatori. Grazie alla presenza del fedele autista Mirko, il resto del viaggio prosegue con l’autostop e l’invio di alcuni mezzi Cri: nella nostra associazione le avventure non mancano mai. (mm)