Nel cuore della guerra
(pubblicato sul numero quattordici di “Ti scrivo”)
Siamo giunti al terzo appuntamento con la storia dei principi della Croce rossa, che sarà accompagnato da un racconto sul tema della Neutralità.
Nell’ultimo numero eravamo rimasti al 1875, quando Gustave Moynier, uno dei padri fondatori dell’associazione, suggerì l’introduzione di quattro principi: lungimiranza, solidarietà, centralità e reciprocità. Tuttavia bisogna aspettare quasi cinquant’anni, fino al 1921, affinché i principi siano incorporati nello statuto del Comitato internazionale di Croce rossa (CICR). Questo avviene con una versione modificata rispetto a quella di Moynier, che include imparzialità, indipendenza, universalità ed eguaglianza.
Dopo la seconda guerra mondiale, in occasione di un meeting internazionale tenutosi a Oxford nel 1946, i quattro principi vengono confermati, integrati con altri tredici e con sei regole di applicazione. Ancora una volta però bisognerà aspettare svariati anni affinché questi entrino ufficialmente nello statuto dell’associazione. Ci penserà Jean Pictet, membro del comitato esecutivo del CICR, che nel 1955 pubblica un volume dedicato proprio ai principi, in cui definisce e analizza i valori che sono alla base dell’associazione.
I diciassette principi vengono divisi in due categorie principali: da una parte i “principi fondamentali” (che daranno origine ai principi cui siamo abituati), dall’altra i “principi organici”, di carattere più tecnico, che descrivono la struttura e il funzionamento dell’associazione. (apa)
Maria è seduta davanti alla porta di casa, sulla panchina sotto il grande noce su cui siede tutte le sere con le sue sorelle. Sta tessendo un maglione, ci sta lavorando da giorni, ma il compito procede lento. Non che ci sia fretta in effetti, sua sorella Giuseppina non avrà il bambino prima dell’autunno inoltrato. La guarda mentre ride di gusto a una battuta di Sabina, l’altra sorella, ed è un’immagine che Maria non vede più molto spesso da quando Marco, suo marito, è tornato al fronte cinque mesi fa. Luigi, il loro fratello più piccolo, passa davanti alle tre ragazze fischiettando: probabilmente sta andando ad aprire la saracinesca per irrigare uno dei loro campi. Ha solo undici anni, ma è ormai l’unico maschio rimasto ad aiutare il padre. Tre fratelli più grandi, tutti partiti per la guerra. Insieme a Marco, il marito di Giuseppina e Giulio, fratello di Marco. Maria chiude gli occhi per un attimo e se lo vede improvvisamente davanti, con quel suo bel cespuglio di capelli nerissimi e l’espressione costantemente imbronciata. Maria l’ha sempre conosciuto: sono stati vicini di casa per tutta la vita, ma Maria si è accorta di lui solo la sera in cui Marco è venuto da suo padre a chiedere la mano di Giuseppina. Giulio non le ha neanche rivolto la parola, ma il suo sguardo è bastato a farle capire tutte quelle emozioni di cui Giuseppina le parlava da mesi. Aveva intenzione di chiedere la sua mano entro l’anno, ma purtroppo la cartolina con la chiamata alle armi è arrivata prima. Quello è stato il secondo giorno più brutto per Maria dall’inizio della guerra, peggiore solo di quello in cui a casa hanno avuto la conferma che Luigi, il più grande dei fratelli, non sarebbe mai tornato dal fronte. L’ultima sera che Giulio ha passato al paese Maria è fuggita per qualche ora al controllo di suo padre ed è stata con lui: hanno parlato a lungo, lei gli ha donato un fazzoletto che aveva ricamato per lui e alla fine l’ha salutato con un bacio. Maria arrossisce ancora al ricordo di quel momento e riapre gli occhi. Si guarda in giro augurandosi che le sue sorelle non si siano accorte di nulla, ma loro stanno ancora ridendo insieme. È così la prima ad accorgersi della figura sulla bicicletta che si avvicina velocemente dalla strada che porta alla piazza: «Guardate lì» dice alle sorelle. «Chi può mai essere a quest’ora?» Sabina è la prima che scatta in piedi «Sembra… no, non può essere…». Giuseppina sbianca di colpo: «A me sembra Giuseppe, il postino.» Una visita del portalettere a un’ora così tarda è sicuramente inusuale e tutto quello che è inusuale in questo periodo diventa immediatamente preoccupante. Maria non riesce a parlare per il nodo che le si è formato in gola, ma adesso è chiaro anche a lei: è proprio Giuseppe. «Giuseppina!» grida appena le scorge e mentre continua ad avvicinarsi rapido con la sua bicicletta «Giuseppina, è appena arrivata questa… è di Marco! Quando l’ho vista ho pensato di dovertela portare immediatamente!» Giuseppina afferra la cartolina e si accascia sulla panchina, con una mano a coprirle il viso e gli occhi che le si riempiono di lacrime. Maria ha paura ad avvicinarsi, ma si fa coraggio: qualsiasi cosa sia, deve essere forte per sua sorella. Le si avvicina e butta un occhio sulla cartolina che Giuseppina stringe tra le mani: in un angolo c’è lo stemma della Croce Rossa. “Cara Giuseppina, mi dispiace di non essere riuscito a scriverti prima, ma voglio dirti che sono vivo. Sono stato fatto prigioniero, ma sto bene. Non smetto di pensare a te soprattutto da quanto Giulio mi ha detto che aspetti un bambino. Spero di tornare a casa prima che nasca. Dì a mia madre e a Maria che Giulio è con me e che sta bene. Fedelmente, tuo marito Marco”
Maria, prima della guerra, nemmeno sapeva dell’esistenza della Croce rossa. Non poteva immaginare che c’era un’associazione che potesse portare comunicazioni dai prigionieri alle loro famiglie. Di sicuro non sa neanche adesso che è il principio di Neutralità sulla quale essa si fonda che le permette di entrare nei campi di prigionia di tutto il mondo, ma quello che è certo è che d’ora in poi quell’emblema in cima alla cartolina sarà per sempre associato all’immensa gioia e all’infinito sollievo provati in questo momento. (sc)