Un giorno in stazione
(pubblicato sul numero nove di “Ti scrivo”)
Vi è mai capitato di osservare la gente che passa in mezzo alla strada? Vi è mai successo di accorgervi che non esiste più nemmeno un minimo di interazione tra le persone, che possa anche soltanto limitarsi a chiedere l’ora, a un saluto, a un incrocio fugace di sguardi?
Ho potuto toccare con mano questa indifferenza qualche settimana fa. Mentre aspettavo il treno che da Pergine Valsugana porta a Trento, la mia attenzione è stata catturata da un senzatetto che, nonostante l’annuncio dell’imminente arrivo del treno, barcollava, in evidente stato di ubriachezza, al limite della banchina, continuando ad avanzare indisturbato verso le rotaie.
Naturalmente non ero la sola ad aspettare in stazione e sono certa che il pericolo che l’uomo stava correndo fosse palese a tutti, tuttavia la situazione di allarme conclamato non ha sortito tra i presenti, almeno apparentemente, nessun effetto e nessuna reazione di aiuto nei confronti dell’uomo in difficoltà.
Questa situazione, a tratti paradossale, mi ha indotto a riflettere sul fatto che dovremmo ricominciare da capo, dovremmo sforzarci di “riprenderci la libertà” di avvicinarci al nostro prossimo, anche partendo da un semplice sguardo, per poter abbattere quella barriera di indifferenza che sempre più spesso ci rende estranei a ciò che accade attorno a noi, al nostro mondo.
Martin Luther King sosteneva che la nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano; certamente non è facile riuscire a mettersi in gioco in situazioni che richiedono atti di altruismo incondizionato, ma è proprio in questa prospettiva che essere un volontario di Croce Rossa può costituire un valore aggiunto, perché può fornire gli strumenti e la consapevolezza adeguati per far emergere una predisposizione verso il prossimo, magari già esistente ma oscurata, perché incapaci di affrontare determinate situazioni o per timore di essere troppo invadenti nei confronti della persona cui si rivolge il nostro aiuto.
In fondo umanità significa anche questo: saper passare da spettatore ad aiutante perché nell’altro si riconosce sé stessi. (mv)