Un soccorso imprevedibile intorno al Sassolungo
(pubblicato sul numero otto di “Ti scrivo”)
Capita, da volontari, di imbattersi in situazioni particolari. Anche se non siamo in servizio sull’ambulanza, lo spirito che ci anima e i principi che si condividono ci spingono a intervenire per dare una mano.
Questa storia è capitata durante un giro in montagna. Stavolta niente orsi a fare i protagonisti ma uno scivolone dal sentiero che gira intorno al Sassolungo. Vedo una signora che probabilmente per disattenzione è rotolata circa 30 metri giù da un ghiaione scosceso. I compagni di camminata hanno visto poco prima la scena. Vicino a lei sono scesi il marito e un escursionista. Vista la situazione decido di scendere anche io per dare una mano qualificandomi come soccorritore: forse, penso, questo può un po’ rassicurare la signora e il marito. Scattano quegli automatismi mentali del protocollo che mi spingono subito a valutare lo stato di coscienza, della respirazione, la verifica di eventuali fratture, emorragie. Arriva un istruttore della scuola alpina della Guardia di Finanza di passaggio sul sentiero con un gruppo di allievi. La signora è molto spaventata, ha poca sensibilità a una mano per il trauma riportato, sente forte dolore nel respirare, sente freddo. La copriamo con un telo termico e chiamiamo il 112: siamo al confine tra le province di Trento e Bolzano e ci rispondono i carabinieri che inoltrano alla centrale 118. Descriviamo la situazione e suggerisco, visto il luogo e le condizioni della paziente, l’intervento dell’elisoccorso. Nel frattempo cerco di rassicurare la signora, le parlo e seguo le sue condizioni, cercando di dare quel supporto psicologico così importante in questi casi, le parlo cercando di non farla assopire. Apparentemente non ha nulla di grave ma in questi casi non si può escludere nulla e il tempo che minaccia pioggia non ci fa stare tranquilli. Pochi minuti dopo sentiamo avvicinarsi il Pelikan del 118 di Bolzano. Alzo le braccia per farci individuare; ci ha visto e fa un paio di giri sopra di noi per individuare il punto migliore dove calare medico rianimatore e infermiere attraverso il verricello. Mentre l’elicottero è sopra di noi, proteggiamo la signora per non fare arrivare il turbine d’aria del rotore e per non farla spaventare ulteriormente. Scorgiamo il medico, subito si accerta delle condizioni della paziente e ci chiede qualche informazione in più. Dopo la somministrazione di antidolorifico e di altri farmaci, mentre il sanitario tiene la testa alla signora, io le metto il collare e il finanziere inizia a preparare il materassino a depressione con cui la paziente verrà poi sollevata sull’elicottero.
Quando la signora è immobilizzata e pronta per essere caricata, le auguro in bocca al lupo e la saluto per risalire insieme al marito sul sentiero e assistere al caricamento e alla partenza dell’elicottero. Sono ora tranquillo che la signora sia in mani sicure e, insieme a un’amica che mi ha atteso pazientemente osservando tutta la scena, ci rimettiamo in cammino per raggiungere il resto del gruppo che ci aspetta al rifugio. Saluto anche il marito: con gli occhi lucidi per lo spavento e la tensione, mi ringrazia calorosamente.
La sera, prima di addormentarmi ripenso all’esperienza facendo una sorta di debriefing con me stesso. Mi domando come stia la sfortunata escursionista e il marito. Anche questo può capitare quando si decide di entrare a far parte del mondo di Croce rossa. (ab)