Se questo è un uomo
(pubblicato sul numero tre di “Ti scrivo”)
Se questo è un uomo. S’intitola così la celebre poesia di Primo Levi che narra le atrocità dei campi di concentramento nazisti, le condizioni di lavoro disumane e le sorti tragiche dei deportati. A distanza di settant’anni, a qualche ora di aereo da Milano, questi fatti avvengono ancora. Sono cambiati magari i carnefici, ma gli oppressi sono sempre gli stessi: esseri umani. Nonostante siano pochi i giornali e i telegiornali che se ne occupano, il tema ci interessa da vicino. Noi lo liquidiamo con il termine “immigrazione”, che ne sottolinea solamente il nostro punto di vista. È il tema centrale dei dibattitti televisivi, argomento di discussione dei salotti tv e dei telegiornali, motivo di protesta nelle piazze e nelle città. Manca spesso però un tassello, il “prima”, che l’informazione (soprattutto quella pubblica) dovrebbe approfondire. Ci siamo mai chiesti perché scappano, perché lasciano le loro città, le loro case (per chi ancora ne ha una)? La grande macchina dell’immigrazione mostra solo la punta dell’iceberg, ma sotto c’è ben altro. La scellerata macchina organizzativa, che si basa sullo sfruttamento della povera gente in fuga dalla guerra, è spaventosa. Non solo i superstiti devono sopportare i bombardamenti, la guerra e le carestie che ne conseguono, ma prima di poter partire vengono sfruttati come schiavi da bande organizzate e armate. Le atrocità che si compiono all’interno di questi campi sono inenarrabili. Le donne vengono abusate da questi pseudo-soldati, gli uomini sfruttati, i bambini usati per i lavori in cui servono piccole mani, come costruzione di mine, di armi, ricerca e disinnesco di bombe. Una volta “pagato” il viaggio, vengono stipati come bestie a centinaia su barconi, per i cosiddetti viaggi della speranza. Spesso senza documenti, confiscati nei luoghi di sfruttamento, approdano sulle coste italiane, oppure affondano o vengono salvati dalla Marina militare.
Ogni gruppo organizzato e sufficientemente grande di esseri umani è composto da buoni e cattivi: occorre sfatare il mito dell’immigrato ladro, stupratore e violentatore; occorre attivarsi per dare un futuro a queste persone; occorre essere concreti nell’assistenza, o semplicemente esserci per non dare la possibilità alle organizzazioni criminose di coinvolgere questa povera gente nel giro dello spaccio e della prostituzione; occorre pensare che non sarà un fenomeno transitorio che si può risolvere sulle coste libiche o siriane, vista la situazione; occorre ritrovare quei principi di umanità, fratellanza, accoglienza, che in questi anni sono stati perduti. (dg)