I clown di corsia di Lavis tra passato e futuro
(pubblicato sul numero due di “Ti scrivo”)
Camici azzurri e immancabile odore di disinfettante: sono queste le sensazioni evocate in tutti noi dalla parola “ospedale”. Tuttavia può capitare un avvenimento insolito, come l’apparizione in fondo al corridoio di un gruppo di nasi rossi. Possiamo così immaginare lo straniamento prodotto negli ospiti delle realtà in cui intervengono i clown di corsia e come spesso possa risultare difficile trasformare tutto ciò in sorriso.
Anche per questo rimane necessaria una costante formazione, ambito nella quale si è recentemente concluso nel nostro comitato il primo step per operatori del sorriso.
Risultato di questa edizione, svoltasi a livello provinciale, è stata l’ottima preparazione di 12 nuovi clown di corsia, tre dei quali entrati a far parte del gruppo degli “Angeli Birichini” di Lavis.
E per un corso che termina, un altro inizia: il 24 gennaio si sono infatti chiuse le iscrizioni per diventare clown di corsia; le lezioni si svolgeranno a Bolzano in due weekend di febbraio.
Terminato il corso, la formazione degli operatori continua con alcune sessioni di aggiornamento mensili, per i quali il nostro comitato prevede importanti cambiamenti nel corso dell’anno, come la previsione di un numero crescente di esperti esterni.
Se l’anno scorso ne sono infatti stati coinvolti appena due, l’asticella sarebbe ora stata posta a uno al mese, che permetterebbe agli operatori di assorbire maggiori nozioni su geriatria o autismo, ma anche su teatro o giocoleria.
In linea con questa strategia, nell’ultimo aggiornamento svoltosi nella nostra sede lo scorso 22 gennaio, è stato invitato, con sorpresa degli angeli, Giacomo Anderle, noto attore di grande esperienza nel mondo delle clownerie, guadagnata anche attraverso importanti collaborazioni internazionali.
L’intervento si è diviso in due parti: la prima riguardante la percezione del compagno e di sé stessi, la seconda sul personaggio.
“Lavorare [metaforicamente] con gli occhi chiusi”, questo uno dei principi cardine, così da poter mantenere aperti canali alternativi e avere quindi una maggiore interazione con l’altro.
Per quanto riguarda invece il personaggio, Anderle ha affermato che “Le emozioni sono l’unica cosa vera del teatro” e che quindi, benché sia giusto che l’operatore ne plasmi uno proprio, questo si dimostra essere tanto più vero quanto lo è la persona sotto la maschera. (gb)