In rientro da Camerino
Sabato 26 ore 16.00, stiamo rientrando.
Oggi giornata di saluti e di occhi lucidi.
Sono in macchina e la testa continua a saltare da un istante all’altro di questa settimana, da un volto all’altro, da una storia all’altra. Questa mattina dopo aver rimesso tutte le cose nel borsone ed aver ordinato il mio posto letto ho fatto l’ultimo giro nel palazzetto… be’, giro… ci sono stato dentro tre ore. È stato un susseguirsi di baci ed abbracci, qualcuno era informato che stavamo andando via e non sapeva più come manifestarci la sua riconoscenza; per qualcuno è sembrato un fulmine a ciel sereno e allora il saluto è risultato ancor più doloroso. “Ma come, vai a casa?”. Già, casa. Come fai a dire a uno che vai a casa quando lui la casa non ce l’ha più? E allora usi voli pindarici per non usare quel vocabolo: torno dalla mia famiglia, torno alla normalità, lunedì riprendo il lavoro…
Vorrei fare una foto ricordo con ciascuno di quegli amici ma non ci riesco, mi sembra di fare il turista che si porta a casa un ricordo, e in fondo non mi serve, un ricordo loro l’ho già dentro di me.
Incontro la mamma di Ruggero che mi dice “domani va scuola, però non voglio che sia diverso dagli altri, che gli chiedano come mai lui non ha il grembiulino e la solita cartella e allora adesso vado a casa a prenderglieli”. “Vi hanno reso la casa agibile?” chiedo allora io. “No, ma non mi interessa; io ci entro lo stesso, Ruggero domani a scuola deve essere come tutti gli altri”. L’abbraccio, le dico di essere prudente perché Ruggero ha bisogno di lei.
Arriva l’ora di pranzo e vado in mensa, altri saluti. Vedo Pierino e Adele, qualche sera fa ci hanno parlato a lungo della loro passione per il torrone, lo fanno da sempre a casa, non lo fanno da vendere, lo fanno solo per regalarlo agli amici più stretti. Ci salutiamo con affetto, auguro loro buona fortuna. Esco dalla mensa, uno dei nuovi volontari giunti a sostituisci mi chiede dov’è la macchinetta del caffè e allora lo accompagno, ritorno indietro e ritrovo Adele: “Fermo, resta qua, Pierino è andato a casa a prendere una cosa per te”. Sono imbarazzato, sono io che sono venuto qui per dare qualcosa a loro, non il contrario. Passano pochi minuti e arriva Pierino, si accosta con la macchina, tira giù il finestrino e mi allunga una di quelle buste per il pane con dentro due stecche di torrone, “tieni, queste sono per te, portale in Trentino”. Rimango senza parole, provo a dirgli che gliele pago ma mi risponde che sono matto. Li abbraccio come se fossero due zii e gli dico di tenere duro. Mi invita a venir giù per Natale, gli rispondo forse, anche se so che sarà impossibile.
Ciao Camerino. (nm)