Il signor Luigi
Giorno 23 novembre, oggi turno assistenza alla popolazione, ci mettiamo a disposizione degli ospiti all’interno del Palazzetto, può essere che giochiamo un po’ con i bambini, o aiutiamo i grandi a fare qualcosa; più spesso capita di chiacchierare con loro, e in pochi istanti ti proiettano nel loro incubo e ti investono della loro disperazione.
Sono le 9.00 e chi doveva andare al lavoro lo ha fatto; faccio un giro tra la distesa di brande e saluto chi incontro. Chi ha voglia di chiacchierare lo vedi subito, con gli altri indugi a proseguire, a volte basta chiedere “come va?” per innescare una reazione positiva e instaurare un’intensa conversazione con una persona che fino a qualche istante prima ci era assolutamente sconosciuta. È una cosa incredibile, sono già stato a L’Aquila e non mi ci sono ancora abituato. La gente spesso non parla neanche con il vicino di pianerottolo. Una volta pensavo fosse magia poi ho capito che è invece disperazione.
Finisco il giro e parlo un po’ con tutti, mai preferire l’uno all’altro. Mi siedo al tavolo, tiro fuori il pc e scarico la posta, mi passa vicino una Sorella, loro sono fisse al palazzetto e fanno tantissimo per gli ospiti. Gli dico di essere libero e che se c’è bisogno di fare qualcosa sono a disposizione. Mi dice subito: “C’è qui Luigi, è un po’ arrabbiato, fai due passi con lui e fagli compagnia”. Pronti!
Luigi ha 85 anni e una storia come tutti gli altri: la sua casa è all’interno della zona rossa, a 30 metri dal punto di accesso; questa mattina è stato li per recuperare qualcosa che ha dimenticato l’ultima volta che vi è stato, ma i militari sono stati irremovibili: senza permesso e senza Vigili del Fuoco non si entra. È incazzato come una bestia, non si dà pace. Gli spiego che fanno il loro lavoro, che sono lì anche per lui, per la sua sicurezza e per le sue cose, ma niente da fare. Stallo. Penso allora che potrei accompagnarlo all’Unità di Comando Locale (UCL) per avere il permesso e l’accompagnamento, glielo propongo ed è contento. Ma attenzione: dobbiamo chiedere il permesso in Segreteria. Antonio mi dice che è fattibile ma bisogna parlarne prima con la responsabile degli ospiti; lo facciamo e abbiamo il suo ok. È fatta, andiamo.
Arriviamo alla Contram (la società di trasporti), dove ha sede la UCL, poco oltre un gazebo spiego la situazione a un’impiegata gentile, mi fa un sorriso e mi dice che Luigi è lì spesso per questo. Ci fa il permesso e lo mette sulla piccola pila dei precedenti, gli chiedo quanto ci vorrà e mi risponde che dovrà attendere almeno un paio d’ore; lo dico a Luigi che mostra insofferenza. Il tempo passa lento, il mio amico è impaziente e non si dà pace. Cerco di distrarlo e gli chiedo di Camerino. Qui c’era la fabbrica di mattoni, lì il granaio, lì passava la ferrovia, lì facevano il torrone Biondi… eccezionale, e lì abitava un prete che… no questa è meglio che non ve la racconti.
Luigi però ha un obiettivo e non lo distogli da quello, si agita e impreca. Chiedo allora al Vigile del Fuoco che nel frattempo ha sostituito l’impiegata quanto manca per avere l’accompagnamento; mi dice che siamo i prossimi. È ormai ora di pranzo passata ma teniamo duro. A un certo punto arrivano una, due, tre jeep di Vigili del Fuoco. Ci siamo, Luigi non lo tengo più. È il nostro turno ci affidano a Gilberto, un Vigile del Fuoco di Pesaro con una parlata che trasmette simpatia.
Sono le 13.28, procediamo in colonna, arriviamo alla barriera, ci sono i militari in tenuta operativa e sono armati. Gilberto ci presenta, Luigi indica la casa, Gilberto dice che è sicura, i militari ci scrutano, ci devono riconoscere all’uscita, dobbiamo entrare, prendere quello che serve e andare via.
Ci mettiamo il caschetto, Luigi parla a raffica. Con fare deciso apre il garage, entra, si guarda in giro, sposta delle cose, poi mi dice “chiudo è saliamo dalle scale”. Gli dico di no, non dobbiamo rimanere chiusi dentro. Usciamo, giriamo la casa, porta d’entrata, chiavi e saliamo. Crepe dappertutto, intonaco a terra, ma apparentemente niente di serio. Luigi entra in casa, gira cucina, camere, soggiorno, sembra cercar qualcosa ma non prende niente.
Nel frattempo ci raggiunge Gilberto: “tutto ok?” Luigi sereno risponde: “si mi sembra tutto a posto, pensi che per questa cosa di pochi minuti ho dovuto aspettare ore”. Scendiamo, Luigi è radioso, saluta pure i militari che al mattino aveva insultato. Saliamo in macchina e gli chiedo “posso farle una foto ora che sorride?” “Ma certo!” mi risponde.
Rientriamo facendo il giro sotto le mura di Camerino. Arriviamo al campo, abbraccio Luigi, ce l’abbiamo fatta. Passo in Segreteria, Antonio mi chiede cosa doveva prendere. Rispondo: “niente”. (nm)
Bellissime testimonianze di un lavoro che spesso non si conosce. Bravi ragazzi